Il principio universale giuridico che neutralizza i corpi delle donne
di Simona Giannangeli
Abito un corpo di donna, sono un’avvocata e lotto contro la violenza maschile, insieme alle operatrici d’accoglienza in un Centro Antiviolenza per le Donne. Una riflessione sui corpi delle donne mi stimola a pensare alla relazione fra diritto e corpi. Il diritto non nomina i corpi delle donne, li neutralizza, perché ha come principio regolatore una forma di astrazione: il principio universale giuridico. Questo principio rivela la sua assoluta inadeguatezza quando si elaborano leggi che hanno a che fare con i corpi delle donne e con la nostra autodeterminazione in relazione ad essi. L’intero impianto normativo, che disciplina la tutela delle donne, è specchio degli attuali assetti sociali e culturali, in cui la donna è assunta o come moglie-madre da controllare o come vittima, spesso corresponsabile, da proteggere negandole l’identità. Ѐ necessario un diritto nuovo, che possa dirsi sessuato, che operi l’inclusione simbolica della differenza sessuale nella produzione normativa, restituendo esistenza ai corpi delle donne.
Siamo dinanzi a una mattanza costante di corpi, di vite e di diritti delle donne e la violenza maschile dovrebbe richiamare gli uomini alle loro gravissime responsabilità. Si continua colpevolmente a definirla conflitto familiare, a soffocarla dentro casa, ad inscriverla dentro il troppo amore “malato” degli uomini. La violenza contro le donne non è un’emergenza, non è un’alluvione o un terremoto, è azione maschile criminale costante. Se si avesse il coraggio e la dignità di affrontare in modo autentico la questione, legando la violenza al genere e spostando l’attenzione al modo in cui si strutturano le relazioni tra i sessi, forse si produrrebbe uno scarto anche in termini di civiltà giuridica.
Viviamo in una società maschilista e sessista dove sempre e comunque i corpi delle donne sono utilizzati e svelati. Accade quando i corpi delle donne sono rinviati alla funzione sessuale-procreativa, corpi chiamati a garantire piacere da un lato e a dispensare cure e continuità della specie dall’altro. Accade nelle pubblicità sessiste dove i corpi delle donne sono denudati per reclamizzare ogni sorta di bene materiale. Accade quando si vuol parlare di violenza maschile e i corpi delle donne sono messi lì, in un angolo, seminudi, il più delle volte con sottovesti strappate e coperti di lividi. L’uso dei corpi delle donne è totale, siamo territorio libero da confini e tutto questo è intollerabile. Gli uomini, autori della violenza, sono i grandi assenti. Gli uomini stuprano i nostri corpi, gettano acido sui nostri volti, ci colpiscono con coltelli e pistole, ci bruciano per rivendicare l’antico e mai sopito possesso. E sono uomini “normali”, gli uomini di tutti i giorni, che incontri al bar, sul posto di lavoro, al parco. Gli uomini non ci uccidono per troppo amore, ci uccidono per impedire la nostra libertà di non amarli più e di andare via, la nostra libertà di autodeterminazione, il nostro diritto inviolabile a decidere della nostra vita. Ѐ la loro guerra contro la nostra libertà.
Le donne chiedono giustizia, non condanne esemplari. Dobbiamo lottare contro le difese di stupratori e maltrattanti marcate dalla totale mancanza di rispetto nei confronti delle donne, miranti sempre a screditarle, a sottoporle a giudizio, a stigmatizzarne condotte di vita e scelte. La difesa è sacra e inviolabile ma, come affermò l’Avv. Tina Lagostena Bassi nel processo contro gli stupratori di Fiorella negli anni settanta, nessun avvocato imposterebbe una difesa per un reato di rapina, così come si imposta una difesa per un reato di violenza sessuale. Nessun avvocato, nel caso difendesse quattro rapinatori entrati in una gioielleria per rubare beni preziosi, si sognerebbe di consigliare ai propri assistiti di fare dichiarazioni sulla personalità e sullo stile di vita del gioielliere rapinato. Perché se l’oggetto del reato è una donna il processo si svolge contro di lei? La violenza maschile contro le donne è il paradigma per comprendere la condizione che occupiamo nella società: condizione segnata da un principio di discriminazione che ha il suo esito finale nell’eliminazione fisica dei corpi delle donne.
In risposta a una cultura sessista e violenta risalta la potenza dei Centri Antiviolenza, la potenza della relazione tra donne che accolgono e donne che narrano di sé e che, mentre narrano di sé, interrogano quelle che le ascoltano, in una circolarità attraversata dalla comune esperienza di abitare un corpo femminile e di essere nel mondo a partire da quel corpo. Nel dipanarsi della relazione tra donne, ogni volta sentiamo rompersi l’isolamento e la solitudine create nelle nostre vite dalla violenza degli uomini e avvertiamo di esserci avvicinate di un altro passo “a quel centro di autorità per regnare dentro e fuori di noi” (Grazia Livi).
L’autrice è avvocata e presidenta dell’Associazione “Donatella Tellini” – Centro Antiviolenza per le Donne – Biblioteca delle Donne, L’Aquila.
Il Centro Antiviolenza per le Donne è stato fondato all’Aquila nel 2007, grazie alla volontà politica di un gruppo di donne attive già da anni sul territorio in ambiti differenti, ma legate da una cifra di lettura della realtà storica, politica e sociale comune, quale il femminismo. Nel 2014 il Centro Antiviolenza e la Biblioteca delle Donne si sono riunite, dandosi il nome “Donatella Tellini”.
scarica qui .pdf del numero di marzo 2017
Questo sito non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato a seconda della disponibilità del materiale. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7/3/2001.